lunedì 29 aprile 2013

Gli Eucarioti: caratteristiche generali


1) Etimologia: il termine letteralmente significa "vero nucleo" (dal greco eu:prima e kàryon:nucleo) cioè con materiale genetico circondato da membrana nucleare


 2) Materiale genetico: formato da diversi cromosomi. Ogni cromosoma a sua volta è formato da DNA ritenuto lineare e da proteine chiamate istoni che insieme formano le subunità  fondamentali della cromatina: i nucleosomi.



Nucleosoma: quelli indicati con H sono gli istoni
ADN=DNA cioè acido deossiribonucleico




3) Organismi comparsi sulla Terra: circa 1,8 miliardi di anni fa (l'effettiva datazione è controversa). Si ricorda in ogni caso che gli eucarioti nascono dopo il rialzo della concentrazione dell'ossigeno nell'atmosfera datata intorno ai 2,2 miliari di anni fa. La cellula eucariotica deve essersi evoluta dopo tale evento.
La teoria comunemente accettata sulla nascita degli eucarioti è quella dell'endosimbiosi  di cui parleremo a fine post.


4) Possono essere unicellulari e pluricellulari

5) Dimensioni: qualche  decina di micrometri


6) con  organuli e compartimenti: In pratica la cellula è separata in zone. Tale compartimentazione permette di separare le diverse attività cellulari. Se tutto ciò che serve per una certa reazione si trova all'interno di un certo compartimento le reazioni avverranno con una velocità di reazione maggiore e quindi in modo più efficiente. La compartimentazione inoltre consente di non lasciare liberi enzimi come quelli digestivi in grado di distruggere componenti cellulari. Tali  enzimi, se non confinati,  potrebbero risultare pericolosi. 

7) Non tutti hanno una parete  che è presente in piante, alghe e funghi con caratteristiche diverse a seconda degli organismi.




Teoria dell'endosimbiosi (endobiosi o endosimbiontica)


Fu Lynn Margulius nel 1981 nel libro "Symbiosis in Cell  Evolution"  a sostenere la predetta teoria, oggi condivisa da molti scienziati.

Secondo tale teoria un organismo  procariotico avrebbe ospitato al suo interno un organismo aerobio più piccolo che, con il passare del tempo, si sarebbe trasformato in un organulo cellulare specializzato a produrre energia: il mitocondrio.

Tale teoria si basa sulle seguenti prove:

a) la presenza di DNA ad anello all'interno dei mitocondri, senza istoni e     nucleosomi

b) la presenza di ribosomi simili ai procarioti 

c) la capacità di trascrizione e sintesi proteica autonoma anche se il loro DNA è scarso

d) i processi di sintesi proteica sono sensibili agli stessi antibiotici dei batteri

e) hanno le stesse dimensioni dei procarioti

f) si riproducono per scissione binaria, come i batteri

g) hanno una doppia membrana la più interna delle quali richiama la composizione della membrana batterica 



h) hanno alcune differenze nel codice genetico che si riscontrano anche in alcuni batteri ed archeobatteri

  Molti dubbi esistono sulla natura della cellula ospite in grado di fagocitare il procariote aerobio: secondo Margulius essa fu presumibilmente un archeobatterio privo di parete. Anche il procariote simbionte sarebbe stato un archeobatterio, almeno secondo uno studio pubblicato su "Nature" del 9 settembre 2004 di Jim Lake e Maria Rivera (Università della California di Los Angeles), articolo ripreso da "Le Scienze" del 13 settembre dello stesso anno.

I cloroplasti avrebbero avuto un origine analoga. Anzi, avendo DNA più abbondante, sono meno dipendenti dal DNA nucleare.  Nel caso dei cloroplasti  gli organismi penetrati all'interno di una cellula più grande sarebbero stati antichi cianobatteri. Tale colonizzazione sarebbe stata più recente rispetto agli organuli mitocondriali  e sarebbe avvenuta intorno ai 1,6 miliardi di anni fa (Le Scienze 18 febbraio 2012).


  
Come si osserva nella seguente animazione, prima della endosimbiosi, ci sarebbe stata la formazione del nucleo e di altre compartimentazioni (in particolare del reticolo endoplasmatico, che vedremo in seguito) per introflessione della membrana nucleare











mercoledì 10 aprile 2013

I Procarioti: caratteristiche generali


1) Etimologia: il termine letteralmente significa "prima del nucleo" (dal greco pro:prima e kàryon:nucleo) cioè sono organismi nati prima dell'evoluzione del nucleo.  Non avere un nucleo non significa non avere materiale genetico ma significa  non avere una membrana nucleare che isola tale materiale.

2) Materiale genetico: formato da un unico cromosoma ad anello che forma il cosiddetto nucleoide. Ricordiamo però che i procarioti possono avere, oltre al cromosoma principale, anche i cosiddetti plasmidi e cioè molecole di DNA più piccole.

3) Primi organismi comparsi sulla Terra:  3,8 miliardi di anni fa

Si conoscono da diverso tempo dei fossili chiamati stromatoliti datati   circa 3,5 miliardi di anni fa. Si tratta di organismi già relativamente complessi, simili agli attuali cianobatteri e quindi fotosintetici   per cui da sempre è stato difficile pensare che si trattasse effettivamente dei primi organismi viventi. 




Stromatoliti fossili formate dall'alternarsi di strati di sedimenti come la sabbia e resti di cianobatteri

Oggi sappiano inoltre che le stromatoliti esistono ancora in australia occidentale, una sorta di fossili viventi.











Più recente è invece la scoperta di Archibatteri (o Archeobatteri) sia in diversi campioni di rocce terrestri di 3,8 miliardi di anni che in meteoriti di 4,5 miliardi di anni (I Cryms, da crystal microbs).
Tale scoperta è  stata fatta da D'Argenio e Geraci dell'Università Federico II di Napoli.
Viste le critiche sollevate sull'ipotesi di contaminazione, aspettiamo ulteriori delucidazioni. In ogni caso la nascita della vita sulla Terra sarebbe retrodatata rispetto ai 3 miliardi di anni proposti dal nostro testo.

Torniamo alle caratteristiche generali dei procarioti:

4) Tutti unicellulari

5) Dimensioni: qualche micrometro

6) senza organuli e compartimenti eccetto i ribosomi che però da molti non vengono ritenuti organuli in quanto privi di una propria membrana. I ribosomi in ogni caso ci sono anche se sono diversi e più piccoli rispetto agli eucarioti.
7) Hanno una parete più o meno complessa in base alla quale vengono distinti in Gram positivi e Gram negativi

Oltre alla strutture sopra indicate,  almeno  batteri,  possono avere:


1) Una capsula che favorisce l'adesione ed ostacola la fogocitosi da parte del sistema immunitario 



la difesa da parte del sistema immunitario diventa possibile solo dopo la produzione di anticorpi
2) Dei pili con cui agganciano altre cellule


Tali pili, grazie alla presenza di proteine chiamate adesine possono:


A) Riconoscere e permettere l'adesione a cellule eucariotiche determinandone l'infezione:



Salmonella typhi 





B) A riconoscere a ad aderire ad altri battei dando luogo alla cosiddetta  coniugazione batterica

Tali batteri possiedono anche un plasmide chiamato Plasmide o Fattore F 


Batteri in coniugazione
C) A riconoscere ed aderire ad una batteriofago (virus che attacca i batteri) subendone l'infezione





Batteriofago della serie T-pari


3) Flagelli la cui struttura è di seguito rappresentata





Il corpo basale non si limita ad ancorare il flagello alla cellula, ma fornisce anche l’energia necessaria 
al suo movimento (facendo un raffronto nautico, il filamento è paragonabile all’elica di una barca,
mentre il corpo basale ne costituisce il motore). Osserviamo i batteri in movimento attraverso il link:

batteri in movimento


Riassumiamo la  struttura generale dei procarioti dall'interno verso l'esterno:

Abbiamo un unico cromosoma ad anello chiamato nucleoide.
Un citoplasma contenente soprattutto acqua ma anche ioni,  enzimi, ribosomi, ATP, Metaboliti.
Una membrana cellulare
Una parete cellulare


Vediamo qualche altra immagine:












Scherzavo!  Ecco la figura:









E qualche foto al microscopio:
Klebsiella pneumonie

Streptococcus pneumonie




Streptococcus pneumonie versione colorata



Escherichia coli


Infine riassumiamo le principali forme batteriche:







Quando i cocchi, che sono batteri sferoidali,  sono associati in coppia si parla di diplococchi
Se formano catene si parla di streptococchi
Se hanno una disposizione a grappolo si parla di stafilococchi 

Batteri Gram + (positivi) e Gram - (negativi)



I batteri vengono comunemente divisi in Gram positivi e Gram negativi in base alla possibità di colorarli con il Cristal Violetto o Violetto di Genziana.
I batteri che si colorano con questo colorante vengono chiamati Gram positivi mentre quelli che non si colorano vengono chiamati Gram negativi.
Tale colorazione fu ideata dal danese Hans Christian Gram per distinguere le infezioni polmonari provocate da Klebsiella pneumonie (Gram-) da quelle provocate dallo Streptococco pneumonie (Gram +).


Klebsiella pneumonie




Streptococco pneumonie



Se questi batteri si colorano in maniera diversa è perché hanno una parete batterica diversa.


Parete dei Gram positivi








La loro parete è formata nella quasi totalità (90-95%) da peptidoglicano (o mureina).

Si tratta di un polisaccaride azotato formato da catene di N-acelglusammina e acido N-acetilmuramico legati da legami glicosidici. Tali molecole sono indicate nella figura tramite gli esagoni.



















Le catene sono legate da tetrapeptidi con dei ponti realizzati tra gli aminoacidi e l'acido muramico.

Essendo il colorante idrofilo  come la parete ed essendo quest'ultima polistratificata e voluminosa, trattiene bene il colorante idrofilo.












Parete dei Gram negativi



La mureina presente è abbastanza simile ma è monostratificata,  rappresenta solo il 15-20% della parete.
La differenza fondamentale è localizzata all'esterno di questo strato dove troviamo:
a) Lipopolisaccaridi (LPS: endotossine con effetto tossico rilasciate quando il batterio muore che stimolano il sistema immunitario), con la parte polisaccaridica rivolta verso l'esterno come risulta evidente dalla figura
b) doppio strato fosfolipidico, con proteine che formano le cosiddette porine cioè trasportatori scarsamente selettivi
c) Lipoproteine (con la parte proteica rivolta verso il peptidoglicano interno).














In ogni caso hanno una parete molto più complessa in cui  lo strato fosfolipidico impedisce al colorante idrofilo di penetrare e trattenere il colorante.
Il peptidoglicano è esclusivo degli eubatteri.




sabato 6 aprile 2013

Dimensioni delle Cellule


Perché un organismo grande deve essere necessariamente pluricellulare?

Perché esistono fattori limitanti delle dimensioni cellulari

Primo fattore limitante: la superficie cellulare

All'aumentare delle dimensioni lineari diminuisce il rapporto S/V ed è dalla superficie che dipendono gli scambi con l'ambiente. Tali scambi saranno più rapidi se la superficie è maggiore. In pratica se la superficie è ridotta non riesce a servire la massa cellulare. In realtà quindi ciò che interessa è il rapporto S/m. Visto che però il volume e la massa sono grandezze direttamente proporzionali normalmente ci si avvale del rapporto S/V.
Solo le cellule che non attuano scambi con l'ambiente possono permettersi di essere grandi. Questo spiega come mai possono esistere cellule grandi come le uova di gallina o di struzzo che contengono al loro interno tutto ciò di cui necessita l'embrione per svilupparsi.  
                                             
 
Il disco germinativo è quello indicato dal n. 9. Occupa quella posizione a causa della minore densità. Nell'uovo non fecondato è formato dal citoplasma e dal nucleo femminile in degenerazione.

2) Secondo fattore limitante: la quantità di DNA

Se la cellula fosse troppo grande il DNA non riuscirebbe a fornire le copie necessarie per controllare tutte le funzioni cellulari.
Si può ovviare, almeno in parte, aumentando il DNA come in effetti fanno alcuni protisti dalle dimensioni relativamente grandi come i ciliati. Nei Parameci infatti esistono macronuclei e micronuclei.



  
I macronuclei sono costituiti da più nuclei piccoli che controllano il metabolismo e lo sviluppo. I micronuclei partecipano alla riproduzione.

Parameci in coniugazione

venerdì 5 aprile 2013

Laboratorio: Uso e Manutenzione del Microscopio ottico


Manutenzione del microscopio:

Quando si trasporta un microscopio ottico bisogna tenerlo sempre in posizione verticale. Il rischio maggiore nei casi in cui non si rispetta questa norma è che gli oculari potrebbero cadere.
Non bisogna posizionarlo sul banco di laboratorio troppo a margine.
Bisogna prestare attenzione al filo elettrico per evitare che inavvertitamente lo si  possa fare cadere.
La pulizia delle lenti va fatta solo con le apposite cartine ottiche


Uso del microscopio

1) Il microscopio dovrebbe essere stato riposto posizionato con l'obiettivo di minor ingrandimento. Se ciò non è stato fatto bisogna provvedere fino a quando si sente un click

2) Accendere la lampada del microscopio (on).

3) Usare la vite macrometrica per abbassare il piano portaoggetti: Osservate da che parte ruota la manopola (verso di Voi o dall'altro lato?), ricordandovi che poi dovrete ruotarla al  contrario.

4) Posizionate il vetrino (ad esempio una lettera di giornale o due capelli incrociati) tra le molle.

5) Riportare con la macrometrica il piano portaoggetti verso l'alto.

6) Centrare il preparato muovendo le apposite viti di traslazione.

7) Procedere alla messa a fuoco allontanando a mano a mano il preparato (Se portate  occhiali è bene toglierli). Se non riuscite a vedere un'unica immagine ma due separate agite variando la distanza interoculare.

8) Una volta intercettato il preparato  usare la vite micrometrica per perfezionare la messa a fuoco.

9) Variare gli obiettivi andando verso ingrandimenti maggiori (la messa a fuoco non dovrebbe essere difficile perché i microscopi moderni sono parafocali). Per la messa a fuoco con gli obiettivi ad ingrandimento maggiore utilizzare solo la vite micrometrica.

N.B.: Le norme precedenti vanno eseguite alla lettera soprattutto per evitare che vengano ad essere rotti dei vetrini se la messa a fuoco viene realizzata non allontanando il preparato ma avvicinandolo  con gli obiettivi a maggiore ingrandimento. In questi  casi si rischia di rompere il vetrino.

In una eventuale relazione tecnica sull'uso del microscopio bisogna specificare:

a) Gli ingrandimenti osservati
b) come si vede la lettera di giornale al microscopio? E' dritta o capovolta?
c) come si muove la lettera  muovendo il tavolino portaoggetti?
c) come varia il campo ottico in relazione all'ingrandimento
d) come varia la distanza di lavoro (distanza tra obiettivo e preparato) al variare degli obiettivi
e) come varia la profondità di campo, cioè la profondità alla quale è possibile mettere a fuoco con i diversi obiettivi

Guardiamo il filmato in cui, nella seconda parte, viene descritto  anche l'allestimento di un preparato a fresco.



Ricordiamo che è sempre meglio togliere gli occhiali per una corretta messa a fuoco. Inoltre l'operatore nel filmato mette a fuoco avvicinando il preparato. Noi, come già detto, almeno per ora, facciamo  il contrario per evitare di rompere il vetrino.




giovedì 4 aprile 2013

Laboratorio: Apertura numerica


Il potere di risoluzione =                      λ/2nsenα

λ = lunghezza d'onda della luce impiegata

n = indice di rifrazione del mezzo interposto tra preparato e obiettivo

       se il mezzo interposto è l'aria n = 1

α = semiapertura del cono di raggi che dal centro dell'oggetto

 entrano  nell'obiettivo


nsen α = Apertura Numerica



Rappresentazione del cono di raggi  con l'aria come mezzo interposto 




Confronto della semiapertura  del cono  di raggi quando  il mezzo interposto è l'olio di cedro rispetto all'aria






Come già detto il prodotto nsenα è chiamato apertura numerica (NA o A). Più alto è questo valore, maggiore sarà il denominatore della formula di cui sopra, minore  sarà il risultato della frazione che esprime  la minima distanza a cui è possibile distinguere due punti.


Come posso fare per ridurre il valore della frazione per migliorare il potere di risoluzione?

Se utilizzo luce visibile non posso scendere al di sotto di  0,4 µm

α è caratteristico di ogni obiettivo se il mezzo interposto è l'aria.

Posso allora agire su n ricorrendo ad un obiettivo ad immersione con  un liquido con n prossimo a quello del vetro (circa 1,5).

In genere si utilizza olio di cedro.



Utilizzando l'olio di cedro non solo si sfrutta un cono di raggi più ampio (angolo α' anziché α), ma l'apertura numerica è più grande anche a causa del maggiore valore di n


Migliorando la risoluzione si possono aumentare gli ingrandimenti senza avere immagini sfocate


      



mercoledì 3 aprile 2013

Laboratorio: Il Microscopio ottico ed i suoi obiettivi


Il microscopio ottico ha diversi obiettivi

Su ogni obiettivo di norma ci sono diverse informazioni:

1) L'ingrandimento. In genere:
    4 X   
  10 X    
  40 e/o 60 X  
100 X        (obiettivo ad immersione)

2) L'apertura numerica (NA). Più alto è questo valore, maggiore è il potere di risoluzione di un obiettivo

3) lunghezza in mm del tubo oculare adatto a quell'obiettivo

4)spessore massimo del vetrino coprioggetto da usare con un determinato obiettivo



n.b.: Si ricorda che l'ingrandimento di un microscopio (G) è dato dal prodotto dell'ingrandimento dell'obiettivo  per  l'ingrandimento dell'oculare


Laboratorio: Il Microscopio ottico

Parti ottiche e meccaniche di un microscopio ottico

Parti meccaniche:

1) La base
2) Il braccio o stativo
3) Il piano portaoggetti che si muove
     a)  verticalmente (con la vite macrometrica e con la vite micrometrica)
     b) orizzontalmente (cioè trasversalmente e avanti e indietro) con manopole o      manualmente
Sul piano portaoggetti ci sono delle mollette per fissare il preparato


Parti ottiche:

1) una sorgente luminosa (in genere posta alla base)
2) un condensatore (sistema di lenti che focalizza luce sul preparato)
3) un diaframma ad iride (cioè che funziona come l'iride umana che si allarga e si restringe). Una levetta o una manopola ne permettono l'apertura o la chiusura
4) Portaobiettivi a revolver (cioè girevole)
5) Una serie di obiettivi a diversi ingrandimenti
6) Uno o, più spesso, due oculari  (cioè il sistema di lenti da cui si osserva), in genere 10 X









n.b.: Si ricorda che l'ingrandimento di un microscopio (G) è dato dal prodotto dell'ingrandimento dell'obiettivo utilizzato e dell'oculare